Quando i buoni eravamo noi …i tre motivi per cui sono una cinofila molto “cattiva”…

  • L’ADDESTRAMENTO

Quando ero piccola i buoni eravamo noi. Quelli che con i cani avevano sempre pazienza. Che li amavano tutti e cercavano sempre di comprenderli, aiutarli, trovare soluzioni che risolvessero i problemi delle famiglie provviste di un quattro zampe. Noi eravamo quelli che non riuscivano a capire come si potesse vivere senza un cane, come si potesse darlo vai (tranne per motivi seri), come si potesse dire “è solo un cane”. Ma noi eravamo (e lo siamo tutt’ora) quelli dell’addestramento classico. Della scuola tradizionale che addestra il cane ed educa il proprietario invece di “educare” (o provare ad educare) il cane e intortare il proprietario con fiumi di filosofiche teorie new age, come provano a fare quelli che, a detta della stampa e di buona parte del mondo mediatico, sono i “buoni oggi”.

Quando ero piccola io e arrivava un nuovo cliente al centro cinofilo dei miei genitori  avevo sempre un po’ paura di come sarebbe potuta andare a finire la conversazione. In un modo o nell’altro spesso il cliente in questione cominciava a lamentarsi del cane “io non lo sopporto più”, “è stupido, non capisce niente”, “l’altro giorno gli ho dato un sacco di botte”, “se continua così sarò costretto a darlo via”. Molti poi lo facevano sul serio. Ed io, da piccolina, in quelle occasioni ero sempre tesa perché sapevo che mio padre, addestratore classico (si proprio uno di quegli addestratori che oggi vengono faziosamente chiamati maltrattatori) si infastidiva molto durante queste conversazioni e trattava bruscamente questi insensibili proprietari di cani. Tante volte l’ho sentito arrabbiarsi e discutere mentre provava a far capire loro che con i cani bisogna avere pazienza, costruire un rapporto. Che non bisogna perdere le staffe perché si rovinerebbe il legame senza ottenere granchè e che invece il cane va addestrato con il giusto lavoro, il gioco, il premio e corretto con l’utilizzo dello strumento giusto, come ad esempio il “famigerato” collare a scorrimento che ha la stessa identica funzione del morso e le redini di un cavallo. E’ solo uno strumento di sicurezza che ci aiuta a correggere velocemente gli errori e i vizi più radicati nel cane. Proprio come tirare le redini di un cavallo in fuga o dare un colpettino di sperone per farlo partire al galoppo. D’altronde ogni strumento può causare danni se usato male. Un collare a scorrimento, uno sperone, una pettorina (il simbolo per eccellenza del buonismo cinofilo) se ad usarli è un cretino. Un collare a scorrimento maneggiato da una persona seria e affiancato ad un percorso di addestramento classico, è una sicurezza per il binomio. Un ausiliario che sarà tenuto sempre lento e morbido in modo da far sentire il collo del cane molto più libero di qualsiasi altro attrezzo esistente e che sarà utilizzato all’occorrenza, come richiamo all’ordine, senza fare male proprio a nessuno. Come il morso di un cavallo che comunica e richiama  all’ordine l’equino quando ce ne è bisogno.

Mio padre (sempre quell’addestratore cattivo che utilizza questo “strumento di  tortura”) si arrabbiava con questa gente (quelli di cui ho parlato prima). Se la prendeva a cuore. Perché all’epoca il cane nelle famiglie non veniva considerato come ora (anche se c’è da dire che al giorno d’oggi siamo finiti nell’eccesso opposto dove il nostro amico a quattro zampe è visto come un semi-dio a cui tutto è permesso). Le persone lo tenevano spesso in giardino a fare la guardia e stop. Non gli interessava molto altro. E al primo problema via. Tant’è che quando arrivava un nuovo cliente al centro dentro di me speravo sempre che per quella volta andasse bene. Che non dicesse: “se fa qualcosa di sbagliato gli meno e alla prossima che combina se ne va”. E così sono cresciuta. Fra padri che non ne volevano proprio sapere di cani in casa, madri stufe dei danni che menavano col giornale e cani riportati indietro anche adulti. Si lo so ho enfatizzato un po’, non era proprio così tragica la situazione. Anche all’epoca c’era già tantissima gente appassionata. Più che altro professionisti, ma ce n’erano anche fra le fila delle persone comuni.  Eppure vi assicuro che le situazioni che vi ho sopra descritto erano piuttosto frequenti. Ed è per questo che affermo che i buoni eravamo noi.

Poi, improvvisamente, siamo piombati nell’era del marketing cinofilo e del buonismo da quattro soldi. Mi sono svegliata una mattina e ho scoperto che eravamo diventati cattivi. Uno sciame di nuovi educatori cinofili è piombato aggressivo sulla vecchia scuola degli addestratori classici, additandoli pubblicamente come macellai e insensibili maltrattatori e iniziando uno studiato percorso di diffamazione mediatica, appoggiati furbamente da istituzioni e media che non vedevano l’ora di ripulirsi un po’ la facciata con qualche finta campagna buonista. E, ahimè, questa campagna di consensi ne ha ottenuti principalmente da parte di quella larga fetta di persone che di mondo cinofilo non ne sanno quasi niente e che facilmente si sono lasciati incantare dai lustrini e dalle belle parole di chi si spaccia come paladino degli animali e che magari con gli animali ha cominciato a lavorarci l’altro ieri. Però ha frequentato qualche buona scuola di marketing.

Ma come? Mi è venuto da pensare, i buoni non eravamo noi? Quelli sempre in mezzo ai cani, nel fango, sotto la pioggia, con il freddo e il caldo. Quelli che ci vivono da una vita con gli amici a quattro zampe e che li conoscono fin nel profondo. Quelli che si farebbero in quattro per salvare ogni cane sulla terra e che li amano come componenti della famiglia stessa. Quelli che non sopportano chi non li comprende e li tratta male. E poi si quelli che li addestrano e ci fanno sport. Proprio come a un bambino indisciplinato fa bene ogni tanto prendersi anche qualche strillone dall’allenatore di calcio. Quelli che ai tempi di mio padre hanno magari anche lottato con le famiglie pur di seguire la propria passione, dato che al tempo questo mestiere non era poi così rinomato.. Di certo non una “roba chic” che va in televisione. Ai tempi in cui hanno iniziato i miei genitori, nelle loro famiglie non capivano come si potesse voler fare il “canaro” sempre sporco e in mezzo al fango. Quando, al contrario, al giorno d’oggi questo mestiere viene presentato sotto tutta un’altra forma, molto più patinata, da video tutorial di ragazze pulite, pettinate e truccate che non hanno addosso la zampata di un cane nemmeno per sbaglio. E il paradosso è che adesso sono quasi i genitori stessi a spingere i ragazzi a frequentare uno di questi corsi farlocchi.

Quindi come è potuto succedere che solo perché affermi di essere un addestratore classico tutti mi debbano guardare male? Cosa è successo nel frattempo? Mi sono dedicata ad altro per qualche anno e qui si è ribaltato il mondo! Addestravo il mio primo peluche di cane insieme a mio padre a 6 anni e adesso mi tocca pure sentire la neo-diplomata educatrice di turno, che ha preso in mano un guinzaglio per la prima volta un mese fa, che mi da dell’arretrata guardandomi con spocchia dall’alto verso il basso? Non so voi, ma io non ci sto!

Eppure il motivo per cui sono una cinofila davvero cattiva è anche un altro.

2) L’ALLEVAMENTO

Sempre quella stessa mattina mi sono svegliata e ho scoperto che eravamo diventati cattivi anche perché alleviamo i cani di razza “mentre nel mondo a migliaia muoiono nei canili o randagi”, tanto che vuoi che si sappia in giro di etologia e che vuoi che importi alla gente di informarsi su come l’allevamento delle razze sia fondamentale per mantenere il cane domestico. E che senza il lavoro dei nostri avi che lo hanno selezionato e dell’allevatore (serio) di oggi che continua a farlo, sarebbe rimasto selvatico e inadatto alla vita con l’uomo. E che se smettessimo di allevarlo lentamente ritornerebbe ad una sorta di stato selvatico e noi dovremmo rinunciare alla sua compagnia. Cosa vuoi che importi. Cosa vuoi che ne sappia la gente dell’importanza che ha la genetica per il mantenimento del “cane” in quanto tale e per come lo conosciamo oggi. Sia che rivesta il ruolo di semplice compagno per la famiglia o per lo sport e sia per quanto riguarda le meravigliose attività sociali che svolge (salvataggio, polizia etc..). Ma questo è un argomento talmente importante che merita un pezzo a parte.

Infine, per concludere…

3) LA PENSIONE

Sempre la stessa mattina mi sono svegliata e ho scoperto che eravamo diventati  cattivi anche perché abbiamo una pensione per cani. Bella, spaziosa e grande tra l’altro. “Ma no ma che sei matto lasci il cane in una gabbia?”(si chiamano Box poi, non gabbie). Meglio lasciarlo a casa di qualcuno conosciuto su questi siti internet dove la gente da la disponibilità a tenere il tuo cane quando sei fuori. Così puoi star sicuro. L’importante è che stia in una casa al caldo con qualcuno che di cani magari ne sa poco e niente (più niente che poco) e che si è improvvisato in questo mestiere per arrotondare lo stipendio. Meglio questo che lasciarlo in una struttura organizzata con personale qualificato, veterinario sul posto ed esperienza decennale. Certo. Poi parliamoci chiaro, di bravi professionisti che fanno pensione casalinga ce ne sono, ma io non mi riferisco di certo a loro.

Così mentre tutto il mondo sembra impazzito e la new age cinofila invita ingiustamente tutti a boicottare il nostro mestiere su tutti e tre i fronti della nostra attività (addestramento, allevamento, pensione), nonostante un tempo venisse invece considerato un lavoro per veri appassionati, noi andiamo avanti sereni. Sicuri e fieri di quello che facciamo ogni giorno, tutti i giorni da quarant’anni. Convinti che i buoni siamo ancora noi.

 

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